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venerdì 20 marzo 2015

Spring break - 2. The big apple

 Perdersi a New York pare sia impossibile, perché le strade sono tutto sommato numeri. Peccato che io con i numeri sia una ciofeca, ma per fortuna siamo nel mondo moderno, quindi, invece di impazzire con una cartina che non sapevo ripiegare, potevo discretamente controllare sul cellulare, fingendo di stare guardando dei  messaggi. New York, la grande mela. Devo specificare che nei miei 4 giorni di pendolarismo non mi sono mossa da Manhattan, e ho quindi il rimpianto di non aver visto Brooklyn. Ma si porrà rimedio a questo, la vita è lunga e la mia wanderlust è tanta. Prima tappa è stato l’Empire State Building. Sfidando le mie vertigini ho preso il biglietto valido fino al 102esimo piano. Ne è valsa la pena, se non altro per guardare lo skyline dall’alo. Troppo in alto, perché a parte lo skyline non è che si potesse distinguere molto. Mi ha affascinato però vedere le cisterne dell’acqua sui tetti, i palazzi e spingere lo sguardo fino all’orizzonte. Da sola, io e la mia audio guida, sul tetto del mondo.
Seconda tappa, Times Square. Una delusione. Me l’aspettavo più viva, più allegra, più luminosa, invece è un trappolone per turisti senza un granché di particolare da fare o da vedere. Ci passi, fai la foto, fai video cantando Nuova York di Scamarcio, rischi il TSO e poi basta. Ma andava vista, perché tutto sommato le mie passeggiat3e avevano come trama ricorrente il passare nei posti che ho visto sul grande schermo o di cui ho letto. Motivo per cui sono passata per Bryan Park e davanti alla biblioteca di New York, rivivendo nel mio piccolo le  avventure di Sex & the City. Grande star della giornata è stato il Moma.  Con l’audioguida e la giusta predisposizione mentale io l’ho trovato meraviglioso. A parte una mostra temporanea di Bjork, ma io penso che Bjork sia inquietante, quindi non faccio decisamente testo. Ma la sezione dell’arte del 19-20 esimo secolo, quella è meravigliosa. Posto che gli americani adorano i futuristi, sale e sale di futuristi, che neanche in Italia gli diamo tanta importanza, ma poi gli impressionisti, una stanza intera dedicata alle ninfee, Klimt, mai abbastanza Klimt. E poi Van Gogh. Signori miei, Notte Stellata è il dipinto più triste, vibrante e vivo che io abbia mai visto. Ora, sarà che il mio rapporto con Van Gogh è definitivamente influenzato da Doctor Who, ma il caro Vincent si conferma come uno dei pittori che più profondamente riesce a toccare i miei sentimenti. Klimt mi piace, ma a livello puramente estetico, stessa cosa per gli impressionisti, ma Van Gogh, Van Gogh è anima. 
Sono rimasta nel Moma tantissimo tempo, quindi il tempo di tornare in stazione e di prendere il treno. Peccato che sulla strada del ritorno io mi sia letteralmente persa in un bicchiere d’acqua e sia finita a little korea. Alla fine sono riuscita a salire sul treno, quindi nema problema.

A casa mi aspettava la serata pizza (Perché la pizza del NewJersey la devi provare). A spezzare il pane con noi, c’era la famiglia del fratello di M. Essendo il numero di uomini presente in stanza superiore a due, il discorso è stato monopolizzato dalla politica. Ed essendoci una rappresentante di un Paese straniero nella stanza, perché non dimenticare le disgrazie interne e passare a parlare della politica italiana? E all’estero la politica italiana, a quanto pare, è sinonimo di Berlusconi. Mi sono trovata a dover spiegare che no, non è il nostro attuale premier, a doverne raccontare la storia politica e giudiziaria, parlando anche di Belen, Ruby, Lele Mora e Emilio Fede, della Mediaset e della rai, cercando di salvare il salvabile del nostro Paese. Per fortuna il padre di E. è repubblicano, quindi poi lui e C. si sono scannati su Obama, lei è democratica. Io sono rimasta a riflettere in silenzio sulla nostra immagine al’estero così misera. E non ho dovuto neanche parlare di Grillo o Salvini per fare questa figuraccia di merda. 
 Il giorno dopo Rockfeller Center, dove c’è la pista di pattinaggio, tanti negozi, tra cui quello spettacolare della lego. L’interno del palazzo principale, da dove si sale al punto di osservazione Top of the Rock, sembra il Ministero della magia di Harry Potter, tutto in marmi scuri, luce soffusa e al posto dei caminetti della Metropolvere, i tornelli per accedere agli ascensori che portano agli uffici.
La terrazza panoramica è molto più soddisfacente della vista dall’Empire. Il fatto che si trovi in una posizione più centrale e che sia un cecinino più bassa, consente di avere una visuale spettacolare, con uno skyline più definito e una vista mozzafiato su Central Park. Qui E. mi ha fatto notare Broadway, l’unica strada che della griglia se ne frega. In origine, quando la città era ancora olandese, Broadway altro non era che un sentiero per vacche, che ci si è limitati ad asfaltare. Altro che la strada dell’estro teatrale, vacche, vacche ovunque.

Vostra e sciagattante,

Platypus

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