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martedì 21 ottobre 2014

Mi dia anche due etti di coraggio, per cortesia

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. 
(il fatto che C. non mi mandi a quel paese quando la coinvolgo in questi pensieri profondi la dice lunga su quanto mi tolleri)
Cosi ho scoperto il mio superpotere, seduta in mezzo alla folla. Gente comune, prostrati ai miei piedi. IO MI SEGGO. E s sono benigna mi smuovo. Ma è un potere che va usato con molta discrezione. 

Con la consapevolezza che a breve dedicheranno un fumetto a questo mio strabiliante potere, me ne tornavo a casa. In metro, ovviamente. 

Ora, ai tornelli della metro, mentre ero persa in una fantasia molto Bollywood sulla mia laurea (sostanzialmente andava così: la commissione si commuove per la mia fantastiliosa, strabiliante e groundbreaking tesi, petali di fiori sul mio cammino e poi tutti ballano sulle note di Ja-ho), quando sono stata brutalmente strappata dai miei pensieri.

Al di là dei tornelli, un'impiegata dell'Atac inseguiva una ragazza con uno zaino. 

-Fermatela! Ridammi lo zaino, disgraziata! Dammelo!
La ragazza si impanica, non vede vie d'uscita, lancia la borsa al di là dei tornelli. Sui miei piedi. 

Io lo prendo. L'impiegata dell'Atac prende la ragazza per il braccio. Si divincola, scavalca i tornelli. Io lì, con lo zaino in mano, senza ben chiaro che fare. Poi lo zaino mi viene strattonato da un'altra ragazza. Arriva la ragazza dai tornelli. L'impiegata dell'Atac segue. Io non cedo lo zaino. La ragazza in fuga mi si avvicina minacciosa. L'atac continua a gridare. Quando vedo che la ragazza mi sta per venire addosso, mollo lo zaino e mi appiattisco al muro.  
Le ragazze fuggono, l'impiegata continua a urlare che qualcuno le fermi. Un signore anziano fa un vago tentativo, ma ci rinuncia.

A quanto pare, la prima ragazza era stata fermata con un'amica (quella che strattonava lo zaino) dalla polizia, che le aveva sequestrato lo zaino vuoto, usato per borseggiare. La polizia aveva quindi buttato lo zaino. La ragazza era tornata a recuperarlo. L'impiegate se ne era accorta ed era partita all'inseguimento.

Antropologicamente quella che ho fatto sarebbe una thin description dell'evento, ovvero un mero racconto dei fatti, senza cercare di fornire spiegazioni (thin description).

Sul treno, ovviamente seduta, ho riflettuto su quanto fosse appena successo, cercando la thin description.

Io lo so perché ho mollato lo zaino: perché ho avuto una paura maledetta. Perché c'era un sacco di gente e nessuno ha reagito, stavano tutti a guardare. E mi sono passate in mente scene di violenza in metro già viste accadere a Roma.

Però l'episodio può avere tutta una serie di letture. E di domande.
1. Io credevo che lo zaino fosse stato scippato. Più che naturale provare a recuperarlo. Il fatto di averlo mollato fa di me una vigliacca.
2. Lo zaino era stato sequestrato perché effettivamente usato per rubare, o perché le ragazze erano Rom?
3. Io ho mollato lo zaino perché ho pensato a me stessa. Sono tanto diversa da chi passava e non ha fatto nulla?
4. Se la mia associazione mentale immediata è stata con questo, sono razzista ?
4. Cosa è meglio: fare gli eroi o pensare alla propria incolumità?

Non voglio per forza risposte, rassicurazioni o cose che mettano in pace la mia coscienza. Voglio capire. Se chi siamo si giudica dalle azioni, io allora chi sono?
Ci riflettevo e continuo a rifletterci.
Solo che ogni volta mi sento sempre meno super eroe e sempre più piccola.


Vostra e sciagattante,
Platypus


domenica 19 ottobre 2014

Illuminazioni

Un inspiegabile pomeriggio libero.
Nessuna mail da mandare, libro da leggere, comunicato stampa o brochure da scrivere. 
Io e due amici, tutti e tre stupiti e instupiditi da questa improvvisa, inattesa e quasi commovente inattività. Sigaretta, caffè... e poi? Credo di essermi dimenticata come ci si rilassa. 

Quoi faire di queste ore d'aria?

Ci decidiamo per un film. Il mio hard disk da un tera viene sacrificato per la causa.

-Allora... L'avvocato del divaolo?
-Già visto.
- Highlander?
-Abbiamo avuto il momento trash anni '80 già l'anno scorso.
-Non ti chiederò perché hai la trilogia di Sissi con Romy Schneider. 
-So che sembra strano, ma ogni tanto ho bisogno di vedere quest tipo di film. 
-Stupido?
-Da donna, idiota. poi Sissi ha dei vestiti favolosi.
-Bah... Il labirinto del fauno?
-Platypus ce l'ha fatto vedere due anni fa. Improbabile.
-Solo perché voi siete insensibili al fascino della magia e di motivetti che ti incantano.
-Lost in translation che è?
-Un film della Coppola con la Scarlett.
-No, la Coppola, no. Anche se Scarlett...
-Mi aveva detto che c'era un suo topless.

Non era ancora stato pronunciato il less che è partito il film.
-Siete uomini triviali.
- Si tratta di Scarlett, taci donna.
-Per un paio di tette tutta questa storia?
-Tette che abbiamo già visto grazie al Fappening, del resto.
-Siete estremamente triviali. 
-Si, si, la so la storia che è tipo una molestia eccetera, che ci augurerai capiti alle nostre figlie, ma oh, quando ricapitavano la Lawrence e la Scarlett? Adesso zitta e guarda questa scena interessante.


Dopo un po' Scarlett è ancora vestita. L'attenzione maschile cala. 

E poi, l'epifania.
-Ma...ma... questa è la pubblicità dell'Aceto Ponti!
-Che?
-L'attore in smoking, il regista che urla in giapponese e l'assistente che traduce cortesemente!
-Nooo.
-La mia percezione della vita è cambiata totalmente. 
-Del tutto.

Dopo mezz'ora la novità delle citazioni svanisce. Scarlett è ancora vestita. I miei amici staccano il film.

E io penso ancora alla pubblicità.


Sono un animo semplice.

Vostra e sciagattante,

Platypus

martedì 14 ottobre 2014

Mi riposerò quando sarò in sessione

Continuano a essere giorni impegnati. A confronto studiare per gli esami è una bazzecola. 

I miei panni, abbandonati sullo stendino, cantano a ripetizione "Don't leave me hiiighhhhh, don't leaaaveeee meeee dryyyyyyyyy", ma io faccio orecchie da mercante. Quando avranno raggiunto le due settimane di permanenza, avranno vinto un trofeo.

Piuttosto che rimetterli a posto, mi sono binge watched tutta la seconda stagione di Orange is the new Black, rinunciando anche a preziose ore di sonno. Tra l'altro questo ha fatto solo danni, dato che la seconda stagione è troppo emotivamente sconvolgente.  Ho quindi iniziato il giorno dopo con gli occhi gonfi di sonno e di lacrime, perché io empatizzo.

Domenica un altro evento con gli ingegneri. 
Salone dell'Auto. La nostra macchina carinissima ed esposta. Dietro il carrarmato dell'Esercito. E dietro la fila dei bambini che aspettavano di farcisi la foto sopra.
Serve un'idea, l'ideona che ci consenta di emergere dietro la folla di pupi urlanti che vogliono fare i soldati. Peace ragazzi, peace.

Io e G. ancora ci rimpalliamo la colpa su a chi di noi due sia venuta l'idea. Fatto sta che ci troviamo a sollevare bambini e a fotografarli nella nostra macchinetta. Bambini con un peso specifico non indifferente, dato che sono tutti piccolini, magrolini, ma pesano un accidente. 

Un ragazzino si avvicina, batte con le nocche sulla carena e dice: " Ma è finta!". Sedati gli istinti omicidi degli ingegneri, che propongono di dare una dimostrazione di quanto corra investendo l'incauto puer.

Un altro bambino prova a scardinare lo sterzo. Si becca un sorriso da coccodrillo e rimane traumatizzato, tutto occhi.

Quindici bambini dopo io non ho più una schiena, l'eye liner è migrato dalle palpebre superioiri alle occhiaie, i capelli non hanno più una forma che sia una. Arriva il turno di un pupetto sui tre anni, biondissimo, occhi azzurrissimi. 
Solleva, infila in macchina, Sorridi tesoro, adesso ti prendo e ti faccio uscire, facciamo l'aeroplano [tutto questo detto con ormai il pilota automatico], vola vola, eccoci qui. 
Mi giro per sollevae il successivo sacco di patate, mi sento tirare l'orlo della maglietta. Il pupetto biondo.

-Ma tu sei proprio bella!

Rimango interdetta, mi accovaccio, lo ringrazio. 

Ho continuato a fare sollevamento bambini tutto il pomeriggio, ma quel bambino continuava a venirmi in mente.

Due possibilità:
3 anni e già così miope.
3 anni e già così paraculo.

Vostra e sciagattante,

Platypus

mercoledì 8 ottobre 2014

La percezione in famiglia

In queste settimane i deliri e mail, i miei hanno deciso di venire a trovarmi. Dalle brume meneghine è calata anche Sorella, emozionata all'idea di abbandonare l'ombrello e di potersi lamentare della gente che in metro si ferma sul lato destro delle scale mobili.
Tre giorni di pace, amore, cibo e bestemmie nella Cappella Sistina, dove la densità di gente è tale che ho una turista danese ancora parzialmente incastrata sotto la scapola. 
C'era il sole, il caldo e una stanchezza diffusa, dato che ho capoticamente deciso che la mia famiglia dovesse camminare per chilometri. 

E poi lo shock generazionale.

Padre e Madre.
-cara, vedo in giro un sacco di gente che vende i ganci per arrivare agli scaffali alti degli armadi. Dovremmo comprarne uno.
-Hai perfettamente ragione. 

Io e Sorella non capivamo di che ganci si parlasse. Non era chiaro.

-Quali ganci?
-Quelli.
-...
-...
-...
-Non sono ganci, vero?
-No, Padre.
-Ma saranno mica i bastoni per farsi le foto con il cellulare?
-Si.
-A me sembravano ganci.


L'acquisto è stato sventato, la pace familiare era salva e ci siamo coccolati tanto.

Domenica pomeriggio sono ripartiti tutti. Lunedì mattina è suonata la sveglia.

solita vita.

Vostra e sciagattante,

Platypus
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