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domenica 1 giugno 2014

Come è bello far politica da Trieste in giù

L'Italia è un paese da operetta. A parte i personaggi politici (sic) che in questo momento calcano la scena politica (sic), composti per la maggior parte da gente che ha scoperto i social network e internet e avrebbe bisogno di un manualetto sui do& don't della condivisione, che spesso diventa un oversharing. Imbarazzante e vergognoso, non meno dell'uso della televisione. O di gran parte della televisione stessa.
Italia, 1984. 
Dopo il decreto Berlusconi, Mediaset è stata legittimata nelle trasmissioni via etere su scala nazionale. La Rai non ha più il monopolio, comincia la guerra degli ascolti. 

Dal 1982 in RAI c'è un nuovo direttore generale: Biagio Agnes. Il lucano, amico di Ciriaco De Mita, segretario della DC (non che questo centri con la sua nomina, per carità, non insinueremmo mai una cosa del genere), non è disposto a perdere la guerra . Nel 1983 il sorpasso delle reti Mediaset aveva fatto squillare un campanello d'allarme, per monitorare meglio la situazione ascolti di era istituita l'Auditel (si, l'Auditèl, quella che si alza se mostri un po' di coscia, se apri un po' il toppino o scuoti il mandolino). Il monopolio che la Rai aveva fieramente difeso fino agli anni '70 si era andato sgretolando, mentre le reti private prendevano sempre più spazio, in un Far West dell'antenna spietato, dove vinceva chi aveva più sponsor. 
E nessuno aveva più sponsor di Sua Emittenza, Silvio Berlusconi, l'unico ad aver capito che il sistema migliore per accaparrarsi sponsor era fondare una propria agenzia, Publitalia 80. Ma in mezzo alla pubblicità era necessario inserire qualche programma. 
Come fidelizzare il pubblico italiano? Come condurre il mite gregge alla fonte del trash? A parte la selva di maschioni arrapati e sbavanti dietro alle signorine non più mezze, ma completamente nude, bisognava conquistare la fascia delle famiglie, dell'infanzia... delle donne. E allora ecco che partono gli anime giapponesi per accattivarsi i bambini(e inserire le pubblicità di giocattoli nella fascia pomeridiana), Non è la Rai per le ragazzine (ufficialmente, in realtà il primo segno che a qualcuno piacciono giovani), i grandi programmi di varietà. Ma i programmi di varietà possono venire retti e sopportati dal pubblico se condotti da grandi nomi già famosi. E dove sono i grandi nomi già famosi? In Rai. 
Un problema. Se Finivest non fosse stata in grado di offrire cachet stellari. L'esodo comincia e per seguire i presentatori più amati i telespettatori sono costretti a cambiare canale. 

Agnes non ci sta. 
Bisogna che la Rai si opponga, che la Rai resista. Il baluardo di questa resistenza è uno, sono anni che sgambetta sui palchi della televisione nazionale. Lei è l'idolo di tutti, grandi e piccini, il capello biondo più famoso e amato d'Italia, l'ombelico che fece scandalo: Raffaella Carrà. 

Bisogna agire usando l'artiglieria pesante: per accattivarsela Sua Emittenza le ha inviato una cosina, un braccialettino di Bvulgari. Robine, spiccioli. Agnes fa la proposta: rinnovo del contratto per tre anni, un anticipo di 2 miliardi e eventuali premi economici per merchandise e ingaggi pubblicitari in seguito. Cifra totale stimata: 6 miliardi. non proprio spiccioli. La Carrà, spinta da un amore per la televisione di Stato (sic), accetta.

Il patron di Mediaset non può fare altro che sbattere i piedi per terra come tutti i bambini viziati e andarsi a lamentare da chi di dovere. Costui è un suo intimo amico, che, pur avendo ereditato un intero canale in Rai in seguito alle varie lottizzazioni, si sente poco rappresentato dalla tv nazionale. Per fortuna che c'è il Berlusca che gli da spazio in Mediaset. L'uomo è pronto ad accogliere le lacrime e i lamenti dell'amico, perché, per una simpatica coincidenza, si trova a coprire una carica un po' particolare, quella di presidente del Consiglio. L'uomo in questione è Bettino Craxi, alla sua prima esperienza di governo. 

I borbottii di Silvio Berlusconi non vengono ignorati: i due miliardi di anticipo alla Carrà sono fondi pubblici, e i fondi dei contribuenti non si spendono così. In altri modi discutibili si, ma così no. 
Craxi grida allo scandalo e convoca Agnes, Zavoli e chiunque fosse convocabile. Si minaccia la crisi di Governo, perché così non vale, nono, non si fa Biagio, è "una vergogna per gli italiani", tuona Craxi, dall'alto della sua integrità morale.

Agnes la spunta, la crisi di governo minacciata non si abbatte sulla serva Italia, la Carrà sgambetta in Rai, fino allo scadere del contratto, quando poi passa felicemente a Mediaset. 


E adesso soffermiamoci su un dettaglio, quello maggiormente orrorifico:

Si è rischiata la crisi di governo a causa dell'ingaggio della Carrà.

Lasciate sedimentare il concetto.

Si è rischiata ... la crisi di governo ... a causa dell'ingaggio... della Carrà.


Sarebbe bello poter dire che questi momenti imbarazzanti per qualsiasi Paese civilizzato sono passati e non si ripeteranno. Un'affermazione del genere significherebbe una cecità volontaria e selettiva.

Meditate gente, meditate.

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