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martedì 29 aprile 2014

Il codice dell'Ornitorinco



Scavi archeologici nella scrivania di Madre hanno portato alla luce un documento che alla mia morte varrà milioni. Si tratta di una produzione casalinga, realizzata su un foglio A4 a quadretti piccoli con margine con Bic nera e sputacchiante grumetti di inchiostro solidificato. La datazione è incerta, ma potrebbe risalire all'autunno del 1997, quando la giovane autrice si approcciava alla scrittura per le prime volte. Ma esaminiamo il reperto da vicino.

Prima facciata:

 Figure alte e allungate, a dimostrare una prospettiva di chi si pone più in basso rispetto ai nobili interlocutori. Le lettere V sostituite con dei cuori vogliono chiaramente simboleggiare un legame affettivo con i soggetti rappresentati, chiaramente le divinità di un qualche pantheon privato della giovane artista. Da notare l'uso sprezzante di una grammatica errata, che coordinata al suono onomatopeico è degna della migliore Flavia Vento, di un qualsiasi innovatore della lingua patria, per portarla ad un altro livello.
Gli storici stanno ancora discutendo sulle origini del disegno della figura femminile: gonna vittoriana o pigrizia nel disegnare un altro paio di gambe? Le opinioni e le querelle sono accese.





Seconda e terza facciata:

In questa facciata doppia troviamo la firma del piccolo genio e i nomi dei dedicatari. Un colophon interno che si propone di scompaginare le strutture librarie classiche. Questa voglia di rompere col passato è chiaramente influenza del movimento Futurista. Movimento che ritroviamo nella ripetizione esasperata delle onomatopee. Eppure la delicatezza dei sentimenti espressi si accosterebbe di più al periodo futurista di Palazzeschi, vivace ma non aggressivo o violento. 
Le figure ritratte rispechiano appieno le conclusioni tratte dalla prima pagina: l'autoritratto dell'artista si può chiaramente riconoscere nella figura più piccola rappresentata nel fregio inferiore della pagina. Schiacciata dai sentimenti che prova per la sua famiglia, una formica tra i giganti. Nel disegno è rappresentata anche una quarta figura, non citata in nessuna parte del testo scritto. Gli studiosi suppongono che si tratti di una sorella, forse anche lei pronta a porgere i suoi servigi e il suo amore, ma abbastanza pavida da non apporre il suo nome nella epistola. Significativo che sia l'unica rappresentata con gli occhi ai lati della testa e senza occhiali: segno di estraneità alla famiglia o presa in giro letteraria per attestarne l'essere bovina?

Le dichiarazioni di affetto, amore e servigio che si accumulano sulla pagina ci portano ad un'inevitabile climax.
















Quarta facciata:






Perché fare capricci quando si può lusingare e adulare? 
Ovviamente il cane non arrivò nè in quel momento, nè mai. 

Il furore artistico e il sacro sprezzo della grammatica furono scambiati da Madre per analfabetismo e mi fruttarono ben due o tre paginette di esercizi di italiano supplementari.

Il destino dei veri geni è di essere incompresi.

Vostra e sciagattante,

Platypus

martedì 22 aprile 2014

Grooming e altre amenità

Le vacanze terrone proseguono, con un tempo molto più consono alla mia dichiarazione di intenti. Il terrazzo è ormai diventato l'habitat studiorum mio e di Sorella, nonchè di Madre. Occasionalmente Nonna si unisce a noi, zompettando allegramente tra le piante ed emettendo gridolini estasiati e fornendoci le erudite opinioni di Piazza Grande.

-On ditt a Piazza Grande, - esordisce e ci racconta tutta la puntata. E poi si ferma, assume un'espressione amareggiata, ci guarda e dice:
-Ma stè iun che non mi piace. Cur ddà, dell'oroscopo. 
E giù mezz'ora di insulti a Paolo Fox.

Il rientro per le festività ha comportato l'incontrarsi con tutta la famiglia, il clan allargato del quale faccio parte. Nonno Paterno e Nonna Paterna sono stati felicissimi di rivedermi da Natale e, ovviamente il sentimento è stato ricambiato.

-Platypus, vieni qui col nonno.
-Certo uomo più bello del mondo dal quale sono lieta di discendere.
-Ma tu uno giusto per te lo hai trovato?
[Ed eccola la domanda subdola, quella che vorrebbe capire, che osa e non osa, vuole sapere che riuscirà a vedermi sposata oltre che laureata]
-Nonno, chioccio garrula, ma come faccio a trovarne uno davvero giusto per me se nessuno regge il confronto con te?
-Eeeeh, sorride e sospira il nonno, vabbè, vabbè. ma ti conviene trovarlo, che il tempo non va mica all'indietro.

Ghiacciata, andai a piangere su svariati chili di cioccolata.

-Platypus, fai vedere allo zio da cosa ti sei vestita a Carnevale.
-Tieni zio, ecco la foto.
-AAhh, tu sei Maurizio Costanzo e la tua amica C. chi sarebbe?
-Maria De Filippi.
-Guarda, tu ci somigli anche senza trucco, ma  forse lei doveva sistemarsi di più per somigliare.
-grazie zio.

Ghiacciata, andai a piangere su svariati chili di cioccolato.

A questi momenti di profonda disperazione, ho alternato momenti di bonding con Sorella.

-Platypus, spiegami cosa stai facendo.
-I capelli afro, così quando andiamo a prendere il sole sto più ordinata.
-Ok, spiegami perché ti sto aiutando.
-Perché mi vuoi bene e te l'ho chiesto usando la canzone di Frozen, "Do you wanna build a snowman?".
-Mi sembra di essere una scimmia che spulcia l'altra.
-Si chiama grooming e aiuta a costruire un rapporto.
-Dopo do you wanna rompere un altro uovo di Pasqua? Doesn't have to be un tuo uovo.
-I wanna.

Nessun  posto è come casa.

Platypus


venerdì 18 aprile 2014

Mi è bastato sbattere i tacchi tre volte (e sei ore di treno)

-Platypus e tu che farei durante queste vacanze di Pasqua?
-Penso che studierò e prenderò un sacco di sole sul terrazzo. Tornerò abbronzatissima!

Essendo io la chiara reincarnazione di un essere perfido, qui nella mia terronia piove, a tratti gradina. E fa un freddo che neanche a febbraio. Così, io che speravo di tornare a Roma bella dorata, sto perdendo anche quel po' di rossore acquisito aspettando l'autobus-demmerda-che-non-passa-mai. Tornerò a Roma gialla.

-Uh, Platypus, guarda questo servizio del TG! A Roma c'è tanto sole e fa caldo!
-Madre, perché vuoi che insulti i lombi dai quali fui formata?

Casa significa frigorifero pieno e mangiare sano, sigarette sul pianerottolo con padre, avere un propria camera. Un tempo una camera l'avevo, poi mia madre mi ha sfrattato per studiare inglese. Non credo di avere neanche più un armadio. Almeno ho un letto. Per ora.

Casa significa anche sottostare allo stato militare maggiore, ovvero Nonna. Il che non è male, perché se tua Nonna ti fa il solletico, non importa quanto tu stia girata di scatole per sei ore di treno, una fame di quelle rare e varie ed eventuali, dicevamo, se nonna ti fa il solletico, tu ridi. 

Più in generale, se nonna ti chiede di fare qualcosa tu la fai.

Per questo motivo stamattina ho corso avanti e dietro per tutta casa. Prima dovevo stare sul balcone a controllare il momento di arrivo della processione. Poi ha iniziato a piovere. 

ora, non so se avete presente, a Mary Poppins, quando il vicino di casa spara con i cannoni e tutti sono in posizione per evitare danni. Anzi, meglio, presente in tutti i film con pirati, le classiche scene del governare la nave durante la tempesta? Ecco. la differenza è che io non manovravo vele, cordame e simili, io giravo per casa, seguendo le indicazioni di nonna, aprendo e chiudendo persiane, infissi e tende, a seconda della direzione e intensità della pioggia.

Quando Madre è tornata, si è guardata attorno e ha detto:
-Ma perché avete chiuso tutti i vetri?
Mia nonna, la guarda, alza le braccia, le allarga portandosele all'altezza del viso, scuote le mani e dice:
-Nu sacck, Platypus ha fatt! [Lo ignoro, è stata Platypus a fare ciò]

Poi si gira e trotterella verso il tavolo già apparecchiato, pronta a farsi nutrire.

Nessun posto è come casa.

Vostra e sciagattante nella pioggia,
Platypus

lunedì 14 aprile 2014

Cronache di un sabato sera per caso

Domenica delle Palme 2014. 
Ore 13.14. 
Mi alzo dal letto e carcollo fino allo specchio. Mi guardo. Potrei pronunciare la battuta "We kill the batman". Il viso e il trucco sono quelli. Non indosso il pigiama, sono in slip e cannottiera. Alzare la tapparella è farmi violenza. Inforco gli occhiali da sole, guardo la stanza. Borse e vestiti ovunque. Come sono arrivata a questo?

Sabato 12 aprile.
ore 18.45
Esco per un aperitivo veloce.

ore 20.15
Aperitivo. Ci chiama un'amica. Vogliamo andare a ballare? L'amica Spring ha gli ingressi per un locale dove ha lavorato. Io e D. accettiamo, perché gratis anche la febbre e sono secoli che diciamo che vogliamo andare a ballare con Spring.
Conto alcolico: 1 mojito.

ore 22.30
Incontro con Spring e la sorella, che, tra le altre cose, canterà al PianoBar. In autobus momenti di follia e selfie. Ricerca disperata di un bar per voglia di dolci. Cambio tattico di scarpe di Spring. Tutte le altre hanno i tacchi, io porto fiera un paio di ballerine che più che raso terra potrebbero scavare. Passerò il resto della serata a dialogare con il seno delle mie amiche.

ore 23.00
Arrivo al locale. prima piacevole scoperta: consumazioni gratis. Fumiamo svariate sigarette in attesa dell'inizio della serata. Decidiamo di bere qualcosa. Momento selfie in bagno, perché non c'è ancora folla e ci sentiamo incredibilmente fighe.
Conto alcolico: 1 mojito + 1 Sex on the Beach.

Domenica 13 aprile
ore 00.30
La sorella di Spring canta, noi balliamo, il locale comincia a riempirsi. Con la consueta fortuna che mi caratterizza, rimorchio subito il tipo più inquietante del locale che, al centro della pista, si ferma a guardarmi i capelli, dicendomi : "Scusa sai, stavo ammirando". Il tipo in questione è identico a Fabrizio Bracconieri di Forum, solo che in più ha il codino. Fuga tattica e decisione di passare il resto della serata a fingere di essere minorenne con un padre geloso e maresciallo dei Carabinieri.

ore 01.00 (circa. Gli orari cominciano a diventare confusi)
Nunc est bibendum, perché ballare stanca. Fa caldo e nulla rinfresca come una bevanda alla menta. Andiamo a sorseggiare i cocktail fuori, dove chiediamo a un ragazzo di scattarci una foto. Vari tentativi, poi lui ci intima di sorridere, altrimenti non scatta. Ritorno immediato alle foto dei compleanni della nostra infanzia. Sorrisi a trentadue denti.
Conto alcolico: 2 mojito + 1 Sex on the Beach.

ore Più tardi
Balliamo e cantiamo come delle ossesse. Spring viene riconosciuta da un cliente abituale, che ha preso il tavolo e le bottiglie. Vogliamo da bere? Vogliamo da bere. L'habitué ha i ricci. Mi sfida a togliere la fascia e a fare un po' di sano hair banging. Mi presto all'esperimento, cominciando a sembrare sempre di più Telespalla Bob. Ogni volta che mi rimetto fascia e ferettini, mi chiede di rifarlo. Mi presto per tre volte, poi basta. Ho seminato capelli nei cocktail di persone a svariati chilometri di distanza. Alla salute.
Conto alcolico:  2 mojito + 1 Sex on the Beach + 1 vodka lemon.

ore Svariate più tardi
La sorella di Spring canta sul piano, sul bancone del bar si scatenano le bariste. Pressate dalla folla noi balliamo come possiamo. Mi trovo a ballare in piedi su un pouf. E poi mi infilo in svariati selfie di un tipo. Photobombing is an art. non so come ci troviamo in possesso di una flute di prosecco a testa. e che fai, non lo bevi?
Conto alcolico:  2 mojito + 1 Sex on the Beach + 1 vodka lemon + 1 prosecco.

ore 3.50
Di nuovo fuori a fumare. Vediamo su un divanetto il tipo che ho importunato mentre si faceva i selfie. Decidiamo di importunarlo ulteriormente. Molto brille e molto allegre attacchiamo bottone.
Si presenta. Si chiama Edoardo, studente di odontoiatria veneto trapiantato a Milano.
-Ma che ci fai a Roma?
- Un safari.
Il ragazzo concentra le sue attenzioni su D., io ne approfitto per raccontare a Spring tutti i miei trascorsi amorosi. Ci giriamo giusto in tempo per vedere D. e Edoardo che si salutano con due sonori baci a schiocco sulla guancia.
-Beh?
-Se n'è andato.
-Ti sei fatta dare un numero, un contatto?
-No.
-Sei un caso persino più disperato di me.

ore 4.30
Fine della serata. La gente defluisce, noi rimaniamo dentro per capire come tornare a casa. il riccetto del privè si offre di accompagnarci a prendere un taxi e di pagarcelo. Declino graziosamente, mentre con una mano bado a D., che è molto social e sta venendo attaccata da più fronti da vari casi umani. Spring riesce a rimediarci un passaggio fino alla più vicina stazione metro. Prenderemo la prima per tornare a casa.

ore 5.20
Veniamo depositate alla stazione metro. Ultima sigaretta della serata sedute sui gradini. Discorsi blateranti su come io e D. vogliamo bene a Spring, sia una grande e di come ci meritassimo una serata del genere da tantissimo tempo. 

ore 5.40
Prima metro. D. si addormenta, io mi facco violenza e tengo gli occhi aperti, in modo da non trovarci a capolinea.

ore 6.20
Sulla strada per casa. Passaggio dal mio pakistano di fiducia. Dentro il cornettaro ci sono io e i soggetti più rappresentativi del quartiere. Prendo 2€ di pizzette. Il pakistano non mi giudica. Io amo il mio cornettaro di fiducia. Albeggia.

ore 6.35
Mi spoglio ma non trovo il pigiama. Pazienza. Tolgo le lentine, mi accascio sul letto. Penso che dovrei struccarmi. E mi addormento. 

La giornata è passata con un mal di testa di quelli rari e con un'inconcludenza epica.
O tempora, o mores.

Vostra e sciagattante,
Platypus

mercoledì 9 aprile 2014

Questa testa non è un albergo

Le conversazioni più appaganti mai avute dalla sottoscritta sono quelle con me medesima. Che poi me medesima è un po' un controsenso, perché a dialogare non sono mai io Platypus, nella mia ornotorincosa interezza, ma varie interlocutrici che sono vari aspetti della mia personalità. La mia mente è un appartamento di studentesse fuori sede che fanno vite indipendenti e ogni tanto si incrociano in cucina. Le coinquiline sono varie, ma le due presenza fisse sono Rational Platypus e Oversensitive platypus. Di solito si incrociano a sera tardi, mentre io già dormo.

La cucina mentale non è grandissima. Ieri Oversensitive Platypus (OP, d'ora in poi) è seduta al tavolo da ore e uggiola su una tazza di tè, la paranoia sulla spalla, i riccetti flosci e la voglia di vivere sotto i piedi palmati. Al sesto ululato di dolore, è entrata Rational Platypus (RP). Se OP era in pigiamone da conforto, RP era in tailleur. RP è sempre in tailleur. E va avanti a caffè.

-Op, spiegami. 
-[uggiolii]
- Op, qualunque cosa sia la stai facendo lunga. Riguarda Platypus, la padrona di casa? Ti ha di nuovo minacciata di sfratto?
-Riguarda lei, ma, no, stavolta no. Il fatto è più...triste [e giù uggiolii e lacrimoni]. 

RP sospira e si siede davanti alla coinquilina. 
-Il tipo con il quale la padrona di casa si stava sentendo prima che io partissi per le vacanze, lasciando a casa te e Beviamo-Tanto-Il-Fegato-è-Un-Organo-Sopravvalutato-Platypus?
-Si [singhiozzi].
-Beh?
-Non si fa più sentire.
-In che senso?
-Aveva invitato Platypus a uscire, con una settimana di anticipo. quando il giorno dell'appuntamento lei gli ha scritto per maggiori dettagli...lui...lui....
-Lui che?
-Lui ha visualizzato e non ha risposto. Non l'ha più contattata! [le cascate del Niagara nella vostra cucina, gentilmente offerte da OP].
-E allora? Amen.
-Si...ma...ma... se lui lo avesse fatto dopo aver visto le foto di follia nelle quali platypus sa di non essere venuta bene?
-Ho visto e foto. Terrore infondato. Con l'asimmetria del suo volto Platypus ci vive da 22 anni. E non è propriamente una modella. Ma  ha foto peggiori che il tipo poteva vedere già prima.
- Avrà fatto qualcosa di sbagliato? [ululati. RP si tappa le orecchie molto discretamente].
-No, non credo. Ho esaminato tutti i dati.
-Ma allora non l'amerà mai nessuno!
-Statisticamente improbabile. Tempo un mese ne troverà un altro.
-Ma lui... lui [ululati].
-Lui che?
-Lui... in lui lei ci aveva visto qualcosa... io ci speravo. Ci si sperava un po' tutte.
-E che ci avrebbe visto di grazia?
-Un qualcosa, no, sai, una comunione di spirito e valori. Ci aveva visto qualcosa.
-Avrà avuto una macchia d'unto sugli occhiali. Che a proposito, è il caso che lavi.
-ma...ma... sei cinica!
-No, sono razionale. 

Il mattino dopo.
-Sai C., penso sopravviverò a uesto ennesimo tizio che dopo un po' scompare.
-Sarebbe il caso. E lavati gli occhiali che ce li hai zozzi.

Vostra e sciagattante,

Platypus

domenica 6 aprile 2014

Girls just wanna have fun (e mangiare tanto)

Ci sono quei week end benedetti, dove passare il tempo con le amiche a fare le galline è cosa buona e giusta. Serve a staccare, a rimettersi alla pari con ragazzi che passano, se ne vanno, vengono mandati, diventano emeriti, esami, lavori, storie di vita vissuta per finta e davvero, dirsi che si è dimagrite e che questo fondotinta è favoloso. Cose così. I malumori sono obbligati a passare, che sia davanti a una birra, un piatto di sushi, un tè freddo, delle pizzette colpevolmente consumate alle due di notte. Non doversi vergognare di mangiare troppo o parlare come delle scaricatrici di poto, perché tanto siamo tra noi e chissene se la gente ci guarda storto: non siamo in libera uscita per rimorchiare, ma in libera uscita per essere noi stesse in libertà. E magari entrare in qualche negozio e provarsi l'impossibile, giocando con le bambole le une con le altre, perché fa sempre bene vedersi con gli occhi di un'altra persona che ti vuole bene. 

Andare in macchina e cantare come le sceme, mentre chi guida mi bestemmia perché non so leggere il navigatore: l'amicizia è anche questo, sapere che sbaglieremo inevitabilmente strada, ma continuare ad affidarmi questo compito così delicato.

-Platypus, ma dove cavolo siamo?
-Qui dove dice il navigatore. 
-Embè. Dove devo girare?
-A questa, nono, aspetta, non a questa, oh cavolo era questa.
-Ti devo ricordare di quella volta che per andare a Ostia siamo finite in quella stradina buia, piena di fossi che ci stavo rimettendo la macchina?
-No, non devi. Non è un ricordo piacevole, dato che minacciasti di farmi scendere e lasciarmi in mezzo al nulla.
-Considera che qui sei almeno vicina ala fermata di un autobus.

Alla sera mi sento contenta. E penso che iniziare una nuova settimana non sarà così terribile.

Vostra e sciagattante,

Platypus


martedì 1 aprile 2014

Abbracci

Normalmente non mi piace troppo il contatto fisico. Prendere la metro o l'autobus all'ora di punta è un'ordalia alla quale mi sottopongo, l'espressione mesta e lo sguardo perso nel vuoto, cercando di non pensare che il gomito dell'armadio dietro di me mi sta macellando il rene o che la coda a fontanella della squinzia davanti a me mi sta solleticando le narici.

Sono difficile nel contatto anche con le persone che normalmente mi circondano, mi sento sempre troppo vicina, troppo corporea e magari no, non lo voglio il bacetto sulla guancia. Ma è convenzione sociale, mi ci piego, sopporto. O anche quando devo fare gli auguri a qualcuno. Sto lì, rigida, come se fossi una scopa di Fantasia. l'appeal è per lo meno lo stesso.

Per arrivare ad avere una certa confidenza fisica con le persone ce ne metto tanto. Si parla di anni. A parte la mia famiglia, ma quello è un discorso a parte. Eppure quanto mi piace una persona lo misuro anche da questo: da quanto io mi trovi bene ad averci un contatto fisico. Non si tratta solo di abbracci o bacini, ma anche di una mano sulla spalla, queste cose così. Se mi ci trovo bene, o almeno non mi fastidia e non mi ripugna, allora va bene.

C'è poi una categoria a parte, quella degli abbracci, ma di quelli veri, che non sono un mettere mollemente le braccia attorno all'altra persona. No, io parlo di quegli abbracci che stringono ma non costringono. Poche persone sanno abbracciarmi così. Sono le persone nelle cui braccia mi sento al sicuro.

Sono quegli abbracci che per me durano sempre troppo poco, perché mentre io sono lì non  può accadermi nulla di male. Mi stai stringendo, non mi lasci andare e dunque io sono. Non sono solo aria compressa: in quell'abbraccio io ci sono come persona. Sono gli abbracci di quelle persone che di me hanno capito molto, anche se non sono stata io a dirlo.  

Sono gli abbracci che vorrei sapere riuscire a chiedere, ma non mi riesce di farlo. Sono rari, ma io vorrei ci fossero più spesso. Perché quando mi sento così stretta tra le braccia di una persona cara, allora, in quei momenti, è come se qualunque umore maligno fosse spremuto fuori dalla mia persona. Tra queste braccia sono al sicuro, non c'è posto per stare male. 

Vostra e sciagattante,

Platypus


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